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Nowadays, the incidence of nasal bone fracture is increasing because of social complexity with frequent social activity, and reduction of fractures is relatively simple and can be corrected in short operation time. However, the postoperative results are known to be less satisfied with higher complication rates relatively. These problems could have resulted from inaccurate recognition and interpretation of fracture aspect, inaccurate planning of operation resulting in under or overcorrection, ignoring septal management, complication related nasal packings with removal, postoperative management, and patient satisfaction with complication.No Abstract Available. Copyright© by Aracne Editrice, Roma, Italy.in English, Italian Obiettivi. Trattare del rischio biologico (RB) nei laboratori di ricerca (LR), identificarne peculiarità per caratteristiche di esposizione, incidenza e tipologia di infezioni/malattie correlate (LAI) e per strategie preventive. Metodi. Ricerca e valutazione bibliografica non sistematica, ultimi 40 anni; valutazione legislazione, linee guida, buone prassi. Risultati. Emerge un RB nei LR in vari settori produttivi biomedici, agroalimentari, industriali, con varietà di LAI (soprattutto virus e batteri), di modalità di esposizione e trasmissione; riduzione delle LAI per misure preventive, efficacia trattamenti clinici e vaccinazioni, ma anche sottostima, per inadeguato reporting e LAI subcliniche; necessità di implementazione ed adesione a note linee guida tecnico-scientifiche e buone prassi già disponibili; necessità di informazione, formazione e addestramento specifici; assenza di sistemi di reporting e sorveglianza epidemiologica strutturati, con conseguente limitazione di dati su valutazione del rischio ed efficacia dei sistemi preventivi. Conclusioni. Si ribadisce il ruolo del medico del lavoro in particolare per valutazione del rischio, sorveglianza sanitaria e clinico-epidemiologica, con necessità di monitorare l’efficacia degli interventi di prevenzione, in particolare dei livelli di biosicurezza. Utile migliorare la capacità di sorveglianza epidemiologica delle LAI, ad esempio attraverso networking o portali dedicati a segnalazioni di infortuni, malattie ed eventi avversi occorsi ai lavoratori dei LR.in English, Italian Obiettivi. I laboratori di ricerca rappresentano realtà occupazionali peculiari, caratterizzate in genere dall’utilizzo di volumi ridotti di numerosi agenti chimici, spesso usati in miscela, e quindi da una potenziale esposizione ad agenti chimici multipli. Metodi. BL-918 order Obiettivo del lavoro è quello di fornire una breve rassegna dei metodi più utilizzati per la valutazione del rischio chimico negli ambienti di laboratorio, con particolare riferimento a limiti e vantaggi di ognuno. Risultati. L’approccio più spesso utilizzato ai fini della valutazione del rischio chimico in laboratori di ricerca prevede l’uso di un approccio modellistico qualitativo per la valutazione del rischio o quantitativo per la stima dell’esposizione. Conclusioni. Gli algoritmi di valutazione del rischio chimico rappresentano una soluzione utile ai fini dello screening iniziale per la valutazione del rischio chimico nei laboratori di ricerca la semplicità che contraddistingue questo tipo di algoritmi da una parte li rende facilmente accessibili, dall’altra non consente di prendere in considerazione le particolarità degli scenari espositivi valutati. Per quanto riguarda i modelli di stima dell’esposizione, sebbene questi strumenti abbiano un ampio range di applicabilità, ad oggi manca una validazione solida e completa, che ne valuti l’accuratezza e l’affidabilità in questa peculiare tipologia di scenari di esposizione.in English, Italian Obiettivi. Un crescente numero di lavoratori è impiegato in laboratori di ricerca dove i nanomateriali (NM) sono sintetizzati, caratterizzati, lavorati e studiati per le loro proprietà fisico-chimiche e tossicologiche. Per una adeguata valutazione dei rischi in tali contesti occupazionali, la valutazione dell’esposizione appare un elemento imprescindibile. Metodi. Una revisione critica della letteratura scientifica e di quella grigia sull’esposizione a NM nei laboratori è stata effettuata. Risultati. La valutazione dell’esposizione prevede, in genere, un’analisi preliminare dei processi lavorativi e della tipologia di NM impiegati. I monitoraggi ambientali e personali possono essere utilizzati per una valutazione quantitativa dell’esposizione, sebbene le attuali incertezze relative ai parametri metrologici da misurare e ai valori limite con cui confrontare i dati raccolti rendano complessa l’interpretazione dei risultati e la definizione di strategie condivise di valutazione. Conclusioni. Al momento attuale, informazioni qualitative sull’esposizione a NM, possono essere impiegate in strumenti di “control banding” per la valutazione e gestione cautelativa dei rischi nei laboratori di ricerca. Studi futuri di valutazione dell’esposizione ambientale e personale a NM sono necessari per definire appropriate strategie di monitoraggio e guidare l’adozione di appropriate misure di prevenzione a protezione per la tutela della salute dei lavoratori.in English, Italian Obiettivi. I laboratori di ricerca rappresentano realtà occupazionali peculiari, caratterizzate in genere dall’utilizzo di volumi ridotti di numerosi agenti chimici, spesso usati in miscela, e quindi da una potenziale esposizione ad agenti chimici multipli. Metodi. Obiettivo del lavoro è quello di fornire una breve rassegna dei metodi più utilizzati per la valutazione del rischio chimico negli ambienti di laboratorio, con particolare riferimento a limiti e vantaggi di ognuno. Risultati. L’approccio più spesso utilizzato ai fini della valutazione del rischio chimico in laboratori di ricerca prevede l’uso di un approccio modellistico qualitativo per la valutazione del rischio o quantitativo per la stima dell’esposizione. Conclusioni. Gli algoritmi di valutazione del rischio chimico rappresentano una soluzione utile ai fini dello screening iniziale per la valutazione del rischio chimico nei laboratori di ricerca la semplicità che contraddistingue questo tipo di algoritmi da una parte li rende facilmente accessibili, dall’altra non consente di prendere in considerazione le particolarità degli scenari espositivi valutati. Per quanto riguarda i modelli di stima dell’esposizione, sebbene questi strumenti abbiano un ampio range di applicabilità, ad oggi manca una validazione solida e completa, che ne valuti l’accuratezza e l’affidabilità in questa peculiare tipologia di scenari di esposizione.in English, Italian Le malattie cardiovascolari sono la causa principale di morte e disabilità in tutti i Paesi industrializzati, inclusa l’Italia. I significativi progressi nel trattamento delle forme acute e l’efficacia dei programmi di prevenzione hanno contribuito in modo rilevante ad aumentare la sopravvivenza dei pazienti, con un conseguente aumento della prevalenza della patologia, anche nella popolazione in età lavorativa. Da qui la necessità di adeguati programmi di reinserimento sociale dei pazienti, inclusa la ripresa dell’attività lavorativa, per la realizzazione della quale il medico del lavoro svolge un ruolo cruciale, valutando la compatibilità tra le condizioni clinicofunzionali del soggetto e le caratteristiche del lavoro. Sulla base dei dati presenti in letteratura, particolare attenzione va riservata ai rischi lavorativi per i quali il cardiopatico risulta ipersuscettibile, ovvero rischi di tipo ambientale (microclima, altri rischi fisici e chimici), intrinseci alla mansione (impegno fisico), organizzativi e psico-sociali (carichi e ritmi di lavoro, turni di lavoro, responsabilità, job control). È auspicabile una stretta collaborazione tra il medico del lavoro e lo specialista cardiologo per realizzare un adeguato percorso di integrazione lavorativa del paziente cardiopatico ed una periodica rivalutazione dell’adeguata collocazione lavorativa, anche attraverso accertamenti eseguiti durante il lavoro per meglio valutare l’adattamento cardiovascolare alle condizioni lavorative.in English, Italian Le patologie cardiovascolari rimangono la principale causa di mortalità e di disabilità nei paesi industrializzati e circa il 50% degli eventi coronarici avviene in pazienti che sono ancora in età da lavoro. Vi sono fattori sia cardiovascolari che psicosociali che influenzano il rientro alle proprie mansioni lavorative e, in questo contesto, l’arruolamento dei pazienti in un programma di Riabilitazione Cardiologica si è dimostrato essere un intervento efficace nel favorire la ripresa dell’attività lavorativa mediante la riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare, il miglioramento della capacità funzionale, della qualità di vita e dell’outcome cardiovascolare con la personalizzazione della terapia medica, attività fisica, counseling nutrizionale e psicologico. La sinergia tra il cardiologo e il medico del lavoro è di fondamentale importanza nel favorire il passaggio dalla fase riabilitativa a quella di ripresa occupazionale, per la quale deve essere espresso un giudizio di idoneità che deve considerare il profilo cardiologico del paziente, le comorbidità, le abilità e gli aspetti psicofisici rapportati alla tipologia di lavoro da svolgere.in English, Italian Obiettivi. Alcune categorie di lavoratori sono maggiormente vulnerabili agli effetti negativi dello stress lavoro-correlato sul rischio cardiovascolare. Vogliamo indagare l’accumulo di carico allostatico come possibile meccanismo d’azione. Metodi. Lo studio comprende lavoratori salariati di età 25-64 anni reclutati in 3 coorti di popolazione. Abbiamo definito il carico allostatico (CA) come somma di z-score di 9 biomarcatori; le classi occupazionali (CO) secondo lo schema Erikson-Goldthorpe-Portocarero; ed il job strain (JS) con modello di Karasek. Tramite decomposizione di Oaxaca- Blinder, il gradiente occupazionale in CA è stato decomposto nella somma di due componenti differential exposure (dovuta a diversa prevalenza di JS nelle CO) e differential vulnerability (diverso effetto di JS sul CA nelle diverse classi). Risultati. Tra i 2010 lavoratori (62% uomini, 34% manuali), le classi occupazionali, ma non le categorie di JS, risultano associate con il CA, indipendentemente da età e sesso (p-value 0.02). Nel campione complessivo, JS non ha alcun effetto sul gradiente occupazionale nel CA. Tuttavia, nel sotto-gruppo di lavoratori con disturbi del sonno, disturbi depressivi e che non praticano attività fisica, la componente di differential vulnerability legata al JS è positiva (0.63; CI95% 0.05-1.21). Conclusioni. I lavoratori manuali con ridotta capacità di risposta sono più vulnerabili ad accumulo di carico allostatico legato a job strain.in English, Italian Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità nelle società industrializzate di tutto il mondo. Data la complessa fisiopatologia delle patologie cardiovascolari, un approccio sperimentale in grado di identificare molteplici vie di segnalazione attivate nel cuore potrebbe essere particolarmente efficace nella ricerca di nuovi obiettivi diagnostici, prognostici o terapeutici. Tecniche di ultima generazione consentono indagini ad alta risoluzione su tutto il genoma, il proteoma ed il metaboloma cellulare, nonché sulle modificazioni epigenetiche ed i profili di espressione genica associati. In particolare, l’integrazione di dati epigenetici e trascrizionali nel cuore normale o patologico rappresenta un approccio promettente per identificare le reti molecolari attivate dalle malattie cardiovascolari. Tali metodiche, seppur promettenti ed innovative, possono presentare numerose limitazioni tecniche ed analitiche. In questo lavoro saranno evidenziati brevemente tali aspetti e le possibili strategie per ottimizzare la ricerca di nuovi bersagli terapeutici per le patologie cardiovascolari nell’era post-genomica.